In questo articolo ti racconto come sia possibile fare una riabilitazione efficace attraverso una tecnica particolare che ho sperimentato negli anni.
Questo ti permetterà di affrontare in maniera migliore le sfide della tua quotidianità e di raggiungere meglio i tuoi obiettivi.
Sei pronto? Frenata la carrozzina?
Partiamo!
La ricetta per una riabilitazione efficace
Cosa devo fare?
La prima volta non si dimentica mai.
Può essere amore o odio, rabbia o indifferenza.
La verità è che affidare il tuo corpo ad una persona che non conosci non è semplice. Un corpo, d’altronde, che nemmeno tu riconosci più, non è vero?
Ma c’era qualcosa di importante che dovevo scoprire.
Lascia che ti racconti.
Dieci anni fa mi chiedevo se un bendaggio avrebbe aiutato il muscolo a recuperare la sua funzionalità.
Se il tutore mi avrebbe consentito di appoggiare il piede sulla pedana della carrozzina senza sentire dolore.
Se l’intervento avrebbe diminuito la spasticità alle gambe consentendomi di vestirmi da sola.
Sono tutti pensieri legittimi di chi vive un corpo trasformato ed in continuo cambiamento, non è vero?
Interventi esterni per migliorare e raggiungere la massima autonomia possibile.
Credo che tu sia d’accordo con me.
La verità è che queste soluzioni non hanno trovato spazi di riflessione.
Perchè nell’urgenza doveva esserci solo prontezza di risposta.
Vivevo una routine fatta di fisioterapia, dove l’esercizio veniva prima di ogni cosa.
Metodo Bobath. Lokomat. Kinesio taping.
Queste sono solo alcune tecniche che ho affrontato in diversi momenti del mio percorso di riabilitazione.
Scommetto che ti suonano familiari, non è vero?
Ma tutto questo, però, non è bastato.
Non è stato sufficiente un tutore per togliere il dolore al piede, un intervento per acquisire maggiore autonomia, un bendaggio per recuperare una funzionalità.
Nemmeno il miglior dottore o fisioterapista del mondo.
Serviva una tecnica che 10 anni fa non aveva un nome e che ho riconosciuto con il tempo.
La tecnica che vale (finora) 5.259.600 minuti
Martedi pomeriggio, Novembre 2013.
Ero in cima all’aula a gradoni dell’Università di Ancona, con l’entusiasmo di seguire le prime lezioni.
Stavo prendendo appunti quando ad un tratto la penna si è bloccata sul foglio.
Qualcosa aveva attirato la mia attenzione.
Ho alzato lo sguardo mentre la professoressa, spiegandoci la polarità di un evento educativo, stava leggendo questa frase:
quando un granello di sabbia penetra in un’ostrica, aggredendola, l’animale reagisce producendo la madreperla, che si deposita intorno al granello e lo trasforma in una perla piccola. L’aspro granello è modellato fino ad assumere la forma nuova di una perla preziosa.
Cyrulnik, 1999
Che cos’è il granello? A cosa si riferisce?
Ma soprattutto, qual è la tecnica che vale 5.259.600 minuti?
Dammi tempo, lascia che ti spieghi meglio.
In quell’aula avevo scoperto una parola che racchiudeva un significato importante: resilienza
Resilienza
come e perchè è importante
La resilienza è un concetto presente in diversi ambiti (informatica, ingegneria, ecologia e biologia). In psicologia, può essere definita così:
la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Wikipedia
Per riprendere la metafora della madreperla, il granello rappresenta l’evento traumatico che accade nella nostra vita e che entra nel corpo dell’ostrica.
Ma l’ostrica si difende e lo trasforma in un gioiello prezioso.
Nel caso specifico, una lesione midollare rientra a pieno diritto come un evento traumatico, quel granello che entra in maniera violenta nella nostra vita.
Credo tu sia d’accordo con me, sbaglio?
Ma come essere resilienti? Esiste davvero una tecnica?
La risposta è no (il titolo dell’articolo era volutamente provocatorio, perdonami).
Ma c’è una notizia positiva.
Lascia che ti spieghi.
La resilienza: origini ed opportunità per una riabilitazione efficace
Chiariamolo subito.
Non si nasce resilienti, ma si può diventarlo.
È come un muscolo che va allenato.
Essere resilienti non vuol dire non essere vulnerabili, ma essere capaci di trasformare la propria vulnerabilità in opportunità.
È un processo psicologico che si costruisce in relazione ai pensieri, alle emozioni e comportamenti che di conseguenza si mettono in atto.
Che tu stia vivendo da poco con una lesione midollare o abbia esperienza da veterano poco importa.
La resilienza si costruisce giorno dopo giorno e non si finisce mai di farlo.
Finora per me vale 5.259.600 minuti, ovvero 10 anni da quando tutto è iniziato.
Ed ho imparato nel tempo ad acquisire consapevolezza nel costruirla.
Come?
Continua a leggere. 😉
I mattoni per costruire la resilienza (e fare una riabilitazione efficace)
Secondo la mia esperienza, ci sono 3 cose principali che hanno fatto la differenza in questi 10 anni e che mi hanno aiutato a fare una riabilitazione efficace.
Vediamole insieme.
1) Focus sul momento presente
il potere della mente
Qualsiasi ostacolo tu stia affrontando, c’è bisogno di impegno e dedizione. Ogni movimento del tuo corpo può richiedere molto tempo prima di venir appreso o modificato.
Un intervento chirurgico, una fisioterapia intensiva o settimanale non fa differenza.
È il modo con cui parli al tuo corpo che determina una riabilitazione efficace.
Ed imparare a sentirlo vuol dire comprendere la trasformazione in atto e costruire una strategia in grado di aiutarti ad acquisire la massima autonomia possibile.
Ricorda: la mente guida il corpo ed ogni beneficio parte da essa.
È ciò che ti fa mantenere concentrato. Che ti spinge oltre i tuoi limiti.
Che ti fa resistere anche al dolore fisico o alla paura.
Nessuna tecnica o fisioterapista è in grado di cambiarti la vita se non metti il 100% di te stesso.
E se non ci riesci, parlane e chiedi aiuto.
Nessuno è un supereroe, ricordalo.
2) Interessi e passioni
il tempo di qualità e le opportunità
Pensare a ciò che ti piace fare e che ti appassiona vuol dire spostare l’attenzione verso un obiettivo, un progetto.
Ci sono cose che non si possono più fare, come correre una maratona su due gambe, ma puoi correre ancora.
Come?
Che tu ci creda o no, una lesione midollare non impedisce di continuare a vivere interessi e scoprirne di nuovi.
Puoi timonare una barca a vela, andare in moto, guidare un’auto, fare sport, suonare uno strumento musicale.
Puoi fare molte cose.
Il consiglio è quello di partire dai tuoi interessi e rimanere aperto a nuove opportunità.
Io stessa, non amante dello sport, ho imparato nel 2012 a guidare una barca a vela 2.4 (classe paralimpica) e ho gareggiato in alcune competizioni.
Chi l’avrebbe mai detto?
In definitiva, il tempo di qualità e le esperienze che vivi fuori da un contesto di fisioterapia influenzano in modo determinante i risultati del tuo percorso di riabilitazione.
Sfida i tuoi limiti e prova quello che non hai mai fatto nella tua vita.
Solo così sarai in grado di scoprire le tue risorse e progettarti verso nuovi obiettivi.
3) Le relazioni sociali
ambiente di qualità
Quando si vive un trauma, è necessario imparare a stare da soli. Ascoltarsi e analizzarsi è parte fondamentale per ricostruire se stessi in un processo di cambiamento.
Ma la cosa più importante è quella di non isolarsi ma di confrontarsi con altre persone che vivono un percorso simile al tuo.
Qualcuno che già lo ha vissuto o che lo sta vivendo insieme a te è fonte di grande aiuto.
Ho scoperto molte cose entrando in contatto con altre persone con disabilità. Spesso vivere una condizione simile crea un legame profondo tra la tua storia a quella altrui.
Perché nasce una comprensione reciproca in grado di non farti sentire il peso del mondo sopra le tue spalle.
Ma attenzione.
Le relazioni ci nutrono o possono intossicarci.
D’altronde
siamo la media delle cinque persone che frequentiamo di più
Jim Rohn
Proprio per questo scegli la qualità alla quantità, anche se vuol dire allontanare alcune persone.
Nei momenti di difficoltà scopri davvero quali relazioni vanno nutrite e quali lasciate da parte.
Una carrozzina è come un paio di occhiali da vista. Ti aiuterà a vedere meglio e a circondarti di persone vere, autentiche e che sappiano guardarti negli occhi.
Articoli utili
Qui di seguito ti lascio i link di alcuni articoli che possono esserti d’aiuto:
- Come cambiare se stessi: la tecnica dell’aragosta e del pesce rosso
- Affrontare la salita e la discesa: la tecnica di base
- Come guidare la carrozzina in discesa: il metodo corretto
- Salire e scendere dall’auto in carrozzina: guida per l’autonomia
- Come impennare la carrozzina: 3 esercizi fondamentali per imparare
- Fare i trasferimenti in carrozzina: guida pratica
- Spingere la carrozzina: il metodo efficace ed efficiente
- Come raccogliere oggetti in carrozzina
Bene, siamo arrivati alla fine di questo articolo che mi auguro possa averti aiutato a guardare da un’altra prospettiva il significato di una riabilitazione efficace.
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Un abbraccio,
Francesca